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sabato 31 ottobre 2009

Fatti e misfatti alla Corte del Gran Sultano

Per rimanere soltanto agli ultimi mesi. La moglie ribelle Veronica Lario è dipinta come una ignobile adultera dall’assoldato direttore Feltri su Libero del sodale Angelucci, foto in prima pagina con poppe al vento, definita dal poi dipendente “velina ingrata”. Il direttore dell’Avvenire Boffo, è massacrato e costretto alle dimissioni da Feltri che su Il Giornale di famiglia lo accusa di rapporti omosessuali “certificati” da (finte?) veline di polizia. E’ colpevole di aver ospitato l’imbarazzo di qualche lettera di fedeli parrocchiani critici per la disonorevole vita del premier, frequentatore di minorenni e “utilizzatore finale” di prostitute. Il presidente della camera Fini è minacciato “di uno scandalo a luci rosse” dal solito super killer Feltri sul solito gazzettino di famiglia a motivo di civili anglosassoni diversità di pensiero politico con l’Imperatore Mediatelecratico. Al giudice Mesiano che lo condanna giustamente a pagare 750 milioni di risarcimento per reati commessi, manda a dire “ne vedremo delle belle” e, a stretto giro di killervideo lo fa pedinare e calunniare dal TG5 senza senso e senza motivo, sottolineando che fuma davanti al barbiere e porta addirittura i calzini turchesi. Che matto! Telefona a Marrazzo presidente della regione Lazio, invitandolo a comprarsi il dischetto che lo ritrae in rapporti amichevoli con trans, frutto di una violenza privata e esso stesso corpo di reato, per interventi delinquenziali di carabinieri (5 sono attualmente in prigione) deviati (da chi? perchè?).
Questa ormai, per chi ancora non lo avesse capito, è una discussione di libertà per la libertà. Quale è la libertà di una nazione in cui il capo del governo, insieme proprietario di TV e Mondadori, società diretta dalla figliola Marina, si tiene per quindici giorni fra le mani il dischetto compromettente (per Marrazzo) e comunque corpo di reato, decidendo con parenti e dipendenti cosa farne e come utilizzarlo? L’articolo 640 del Codice Penale sulla ricettazione parla chiaro:” Chi al fine di procurare a sè o ad altri un profitto, acquista, riceve o occulta cose provenienti da un qualsiasi delitto o comunque si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due a otto anni. Se la legge è uguale per tutti (nell’ Italia berluskoniana dove vigono lodi per “primi super pares” e leggi ad personam dell’Egoarca non è più vero) attendiamo che la Procura di Roma persegua i falsi ricattatori e chi li ha pilotati e invii le carte a quella di Milano per competenza sulla ricettazione commessa. Ovviamente (quasi) nessuno ne parla e non ci resta altro da fare che sognare ciò che in qualsiasi stato di diritto sarebbe semplice banale storia di fatti quotidiani. Altrimenti “chi toglie dalla testa dell’opinione pubblica che il presidente del consiglio – protetto da uno straordinario conflitto di interessi – governi “una macchina del fango” sbattuta negli ultimi mesi contro i suoi presunti nemici?” (Giuseppe D’Avanzo, pag 1 de La Repubblica 30 ottobre 2009)

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