Alle 14.35 di lunedì 19 gennaio 2009, il TG3 trasmette un agghiacciante servizio sulla demolizione della casa dei parenti di un arabo-israeliano che l’anno passato aveva attentato, a Gerusalemme, alla vita di cittadini ebrei-israeliani. Il “terrorista” era stato “giustiziato” immediatamente sul posto dal primo ebreo-israeliano in grado – facilmente – di farlo (visto che tutti gli ebrei israeliani, - ma non gli arabo-israeliani - , hanno il diritto di girare armati), Lo stato di Israele, ad abundantiam, continua ad affermare anche il principio, aberrante in termini giuridici e immorale in termini etici, della “responsabilità collettiva” (?) di intere famiglie, che vengono chiamate a rispondere e a far fronte alla responsabilità individuale e personale di chi commette reati, così come prescrive e prevede, da sempre, ogni stato di diritto degno di questo nome e che ambisca ad essere definito tale! La grande palazzina dove abitava il “terrorista” – noi, ai tempi dell’occupazione nazista, usavamo il termine di partigiano – dove abitavano più famiglie di un clan allargato e di proprietà del padre dell’omicida, è stata cementificata e distrutta sotto gli occhi disperati e impotenti delle decine dei suoi abitanti, uomini, donne, vecchi e bambini, con un’operazione di rappresaglia in perfetto stile nazista. Il padre del responsabile dell’attentato, sottolineava il fatto che a lui, cittadino arabo-israeliano, è lecito fare quello che nessun tribunale israeliano si sognerebbe e riterrebbe mai possibile di imporre a un cittadino ebreo-israeliano che avesse ammazzato arabi-israeliani e /o palestinesi. Ricordo un caso, esempio paradigmatico per tutti: l’ebreo talibano fondamentalista che, pochi anni or sono, nella colonia (?) di Hebron massacrò 30 arabi in preghiera nella moschea, mitragliandoli fino all’esairimento dei caricatori del suo mitra, mantenendo l’infame tradizione delle mattanze che gli ebrei terroristi (quelli che erano e sono terroristi: ovviamente non tutti gli ebrei lo sono), ancor prima della costituzione dello stato di Israele, e questo stesso nei 60 anni seguenti alla sua nascita, hanno attuato sistematicamente ai danni del popolo palestinese.
Nulla comunque al confronto dei racconti dei sopravvissuti ai 23 giorni dell’eccidio dell’invasione di Gaza, l’ultima in ordine di tempo rovesciata sulle spalle di una popolazione indifesa, ritenuta anche essa responsabile, collettivamente, delle azioni definite terroriste, dei partigiani di Hamas, che continuano una guerra assolutamente impari in corso da 60 anni e scaturita dalla nascita unilaterale dello stato di Israele. Numerose testimonianze di donne sopravvissute all’ultimo genocidio di Gaza, confermano anche – in aggiunta allo sterminio e ai massacri indiscriminati prodotti dai bombardamenti aerei, marini e terrestri dell’esercito invasore di Israele – l’eliminazione a sangue freddo di civili inermi e indifesi. Il soldato chiede ai componenti delle famiglie rastrellate dentro le loro case, chi sia il proprietario e chi risponde, viene “giustiziato”, cioè massacrato e sterminato, con un colpo alla testa, sotto gli occhi delle mogli, dei bambini e di tutti i familiari. Non contenti, sventagliate di mitra ammazzano spesso anche figli e parenti presenti. Non tutti sanno che Israele accorda l’impunità ai suoi soldati, esonerandoli e difendendoli dal rispetto delle leggi internazionali, che puniscono giustamente questi comportamenti efferati come crimini di guerra. Nel tentativo disperato di salvarsi la faccia, dopo il penultimo eccidio di Gaza che ha visto il massacro di 102 palestinesi per la maggior parte civili, donne, vecchi e bambini, ovvero l’operazione “Inverno Caldo” attuata dallo Stato di Diritto (?) Israeliano fra febbraio e marzo del 2008, Israele ha aperto indagini su tre furti compiuti da suoi militari: ovviamente non si è mai indagato sugli assassinii perpetrati dai soldati. Israele naturalmente sostiene che mai il comportamento dei suoi soldati nelle offensive militari è stato disonorevole. Però rifiuta, per principio, ogni inchiesta possibile (affidata eventualmente alla Corte Penale Internazionale) e ignora i dettagliati rapporti dell’americana Human Rights Watch, la più attendibile organizzazione internazionale per i diritti umani.
L’informazione italiana, succube anche del servaggio ignobile al controllo immorale del ducetto di Arcore, non ci informa correttamente e in modo obiettivo ed equilibrato sulle porcherie di cui si macchiano i rappresentanti dello stato di Israele che pretendono belluinamente per sè, diritti elementari che minimamente sono disposti a riconoscere ai palestinesi, i quali dovrebbero lasciarsi inglobare, allontanare, colonizzare, eliminare, sterminare senza potere nemmeno denunciare il loro tragico destino in faccia al mondo che non sta nemmeno a guardare. Leggete il reportage apparso a pagina 1, 12 e 13 de La Repubblica del 20 gennaio: è la cronaca elementare degli eccidi compiuti (qualcuno si ricorda delle stragi di Mi Lai compiute in Vietnam dagli statunitensi, prima negate, poi confermate e condannate con processi più o meno regolari, ma pur sempre molto significativi?). Vox clamans in deserto, la cronaca elementare de La Repubblica diviene la denuncia struggente di veri e propri crimini di guerra che lo stato di Israele commette ormai senza ritegno, dall’alto (o dal basso?) della pretesa inaccettabile che tutto gli sia dovuto, chissà perchè?
Da quello che ci viene raccontato anche dallo stato di Israele, 70 anni dopo la caduta del nazismo, i nazisti non si comportavano diversamente: o no? “Dovevamo effettuare quella operazione – ha detto la ministra degli esteri Tzipi Livni il 19 gennaio respingendo le critiche per il massacro di Gaza – e sono in pace con me stessa, per il fatto che l’abbiamo lanciata...(le numerosissime vittime civili)...sono frutto delle circostanze...”. Anche Hitler era in pace con la sua coscienza, anche lui era convinto della doverosità morale di scatenare la guerra difensiva e preventiva per difendere e affermare i diritti indiscutibili e prioritari del suo popolo della razza eletta. E come afferma Livni, le vittime”...sono (state) frutto delle circostanze...”. Il Fuehrer, se fosse sopravvissuto alla sconfitta, non avrebbe parlato diversamente: o no?
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