"...Centotrentacinque Paesi hanno riconosciuto lo stato palestinese, ed ora si accingono a fare altrettanto anche i parlamenti europei. Quello di Svezia, Francia, Gran Bretagna, Spagna si sono già pronunciati o stanno per farlo...La Palestina è ancora occupata e rosicchiata puntualmente dagli insediamenti ebraici, che continuano imperterriti nonostante le risoluzioni dell'ONU e i rimproveri degli americani, i fedeli e imbarazzati protettori di Israele...Sullo sfondo, in profondità, c'è sempre il tormentato rifiuto di una convivenza alla pari con i Palestinesi...La crisi esplode il 23 novembre quando il consiglio dei ministri approva e manda alla Knesset un documento in cui si definisce Israele come uno "Stato Nazionale del Popolo Ebraico". Il testo rafforza il ruolo della tradizionale legge ebraica che dà agli ebrei diritti particolari, privilegiati, e limita quelli degli israeliani non ebrei...i palestinesi (terrorizzati e cacciati, n.del r.) nel 1948 non possono ritornare...Le leggi sono diverse per gli uni e per gli altri, ma la situazione si impone, pur non rispettando il principio democratico dell'uguaglianza dei diritti...Lo stesso nuovo presidente della repubblica, Reuven Rivlin, un religioso, avverte che la legge proposta discrimina gli arabi come un tempo gli ebrei nel mondo...si è parlato di apartheid...Il giudizio del mondo pesa sulla pelle di Israele e dei suoi abitanti..." (Bernardo valli, La Repubblica 8/12/14)
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