Veronica Lario, già signora B., accusa il marito di andare a minorenni e sostiene che il (ex?) coniuge non sta bene ed ha bisogno di aiuto e perciò chiede il divorzio. “E’ una menzogna che io frequenti minorenni. Veronica riconosca pubblicamente l’errore”. Così l’autocertificazione del contrattacco di B. alla tele co(o)rte dell’ineffabile Vespa nel Porta a Porta del 5 maggio. I suoi servi, servitori, sodali e sicofanti si spolmonano all’unisono a diffidare tutti dall’interessarsi al caso del divorzio dell’Imperatore, perchè è un fatto privato che attiene alla privacy intima e personale da difendere contro tutto e contro tutti. Il (super)duce(tto) di Arcore, tuttavia, in plateale omerica contraddizione con il principio della assoluta privatizzazione della sua vicenda personale da non pubblicizzare, non trova di meglio da fare che scagliarsi contro la moglie utilizzando il covo servile dell’incredibile vespa a mò di teleclava mediatica ai danni della (ex?) consorte. Insomma il divorzio è un fatto privato? E allora perchè il marito capo del governo lo trasforma in fatto irreversibilmente pubblico, riducendolo a spettacolo di bassa macelleria, massacrando la moglie?
Veronica e tutti quelli che le danno voce vengono brutalmente condannati per non rispettare la sua regale privacy, ma Sua Maestà il Re e Imperatore di Arcore – legibus solutus per decreto Alfano ad personam – ha il diritto di calpestare il rispetto che vale solo per gli altri. Lui dei suoi fatti privati che coinvolgono la moglie può luridamente fare mercimonio addirittura sulla e dalla TV pubblica pagata dagli abbonati, ancorchè oramai fatalmente asservita ai voleri del despota telemediocratico, padrone di Mediaraiset. Attendiamo chiarimenti in merito al concetto di vizi privati e pubbliche virtù (che non verranno). Lo schifo continua. Il ribrezzo è intollerabile. Il destino di questa disgraziata nazione è oramai saldamente nelle mani di un Capo Papi (così lo appella la sua fan minorenne) Padrone, che si atteggia a donnaiolo e si (s)qualifica autodefinendosi tombeur de femmes, supportato dal voto degli imbecilli e coglioni (come lui stesso definisce signorilmente gli elettori) che lo supportano, nonostante le atrocità fattuali e comportamentali di cui si è reso cor-responsabile.
I TG di proprietà di B. che all’inizio della vicenda di richiesta di divorzio di Veronica se l’erano cavata pochi giorni or sono con appena 10 secondi di telegrafico accenno, ora, dopo che il loro Padrone e Signore ha scatenato la reazione del bastone telemediatico, si sfrenano a suonare le trombe e battere le grancasse di un interminabile rosario di oscenità, spettacolo di ignobile e immorale piaggeria servile ad nutum dell’egoarca. Il Mago di Arcore ha fatto (fuori)uscire dal suo cilindro le foto della moglie seminuda, quando recitava con il grande Enrico Maria Salerno, prima di conoscerlo. Il fido servitore Feltri, direttore di Libero, le ha pubblicate vistosamente in prima pagina con l’offensiva didascalia “La Velina Ingrata”. B. afferma che l’epiteto non è offensivo, ma cambia idea quando lo usa contro la (ex?) moglie, che per altro non è mai stata velina, ma semmai ottima attrice, finchè non ha autodistrutto al sua brillante carriera per dedicarsi all’Imperatore.
L’Italia deve sopportare l’offesa infame di un governo ad personam che prima nega la stessa esistenza della crisi mondiale e poi la considera incredibilmente già superata. I cittadini occupati e pre-occupati dai micidiali problemi non risolti del lavoro mancante, delle pensioni inadeguate, dell’insufficenza di case, di carenza di sicurezza, di sfascio di giustizia e malasanità, vengono convinti che il loro vero interesse è quello di seguire l’oscemo reality della soap opera delle vicende private e pubbliche dell’egoarca arcoriano, invitati per altro a fare il tifo per lui, contro l’rvidenza dei fatti e la coerenza della logica più elementare. “In Italia non c’è più capacità di indignarsi “ (corrispondente in Italia del Time). Forse ha proprio ragione Veronica Lario: che strano questo paese che tutto concede e tutto giustifica al suo Imperatore! Controprova: “Mi offende essere chiamato imperatore” (Berluskoni). Con buona pace dell’Imperatore Kalotricofilo Blefaroplasticato.
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